26 agosto 2021

Radicalità di Gesù - 29/08/2021 - XXII Domenica tempo ordinario

 


Siamo tornati al Vangelo di Marco col brano che viene subito dopo alla moltiplicazione dei pani. Gesù e i discepoli si può dire che hanno ancora le mani sporche di pane condiviso, e i farisei si scandalizzano.
È il problema del legalismo: non importa quanto bene fai, se non lo fai secondo le 'regole' è sbagliato. Se poi, seguendo le regole, fai invece del male, puoi avere la coscienza a posto perché non hai trasgredito le regole.
Il legalismo è la santità esteriore, apparente, quella che crea degli 'osservanti' delle norme. Invece Gesù cerca degli 'obbedienti' allo scopo della Legge, cioè all'Amore.

Alla superficialità del legalismo Gesù oppone il suo radicalismo. Lui va "oltre" la Legge, è ancora più esigente. Ma è esigente per quanto riguarda il cuore dell'uomo, l'interiorità.
Viene in mente Zaccheo. La legge stabiliva in caso di furto l'obbligo della restituzione di quanto rubato o del corrispettivo del suo valore. Solo in rari casi poteva venire imposto di restituire il doppio. Zaccheo invece, dopo aver incontrato Gesù, restituisce a tutti il quadruplo.

Ciò che è importante è il cuore dell'uomo, la sua interiorità. Un cuore chiuso in sé stesso, anche se rispetta alla lettera la legge, non compie il bene. Invece un cuore illuminato dallo Spirito Santo va oltre la legge, non si limita a quanto richiesto ma dona, e soprattutto si dona, di più.

In brano si chiude con l'elenco dei "vizi", dei dodici «propositi di male» che nascono nell'uomo. Però nell'uomo possono nascere, e spesso lo fanno, anche tante cose belle. Ma Gesù non le elenca.
Ci può essere un catalogo dei vizi. Il peccato è ripetitivo, senza fantasia. Non inventa mai niente. In fondo a partire da Caino e Abele è sempre la stessa storia, sono cambiate poche cose, qualche ammodernamento, qualche adeguamento tecnologico. Ma la 'mela', in fondo, è sempre quella.
Invece le cose buone non si trovano in nessun catalogo. Solo nella bontà è possibile fare qualcosa di nuovo, di veramente insospettato, di sorprendente, di incredibile.
Le 'potenzialità' dell'uomo si manifestano solo nel campo del bene. Solo nel bene l'uomo riesce ad essere realmente creativo.
Dal male possono venire sorprese solamente a livello quantitativo. Ma dal bene ci si può aspettare di tutto e di più.


(Dt 4,1-2.6-8; Sal 14; Giac 1,17-18.21-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23)


19 agosto 2021

Da chi andare? - 22/08/2021 - XXI Domenica tempo ordinario

 


Dopo la solennità dell'Assunta torniamo al vangelo di Giovanni. Tra il brano di oggi e quello di due domeniche fa c'è il passo in cui Gesù dice chiaramente che il 'pane disceso dal cielo' è Lui stesso e che per avere la vita piena dobbiamo mangiare il suo corpo. E questo desta scandalo non solo tra i farisei e il popolo, ma anche tra i discepoli, tanto che molti lo abbandonano.

Ma Gesù, che evidentemente non aveva seguito nessun corso di marketing, non concede sconti, non lancia 'offerte speciali'. Non si può mercanteggiare sulla sua persona.
Costringe le persone, ma anche noi oggi, ad una presa di posizione, ad una scelta precisa. Le posizioni intermedie, le scelte di compromesso non sono possibili: o si sta con Lui, o si sta senza di Lui.
Non solo ai dodici, ma anche a noi domanda: «Volete andarvene anche voi?»

E a questo punto Pietro, a nome dei dodici (ma anche nostro), fa la sua professione di fede «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna».
Non domanda "dove andremo", ma «da chi andremo». Il grosso problema non è andare, allontanarsi, abbandonare. Il problema è "da chi" andare. È un problema di fedeltà, non di andare o restare.

La fedeltà è una persona con la quale ci si lega per camminare insieme, per andare nella stessa direzione. È prendere coscienza che non posso vivere e crescere se non nella relazione con quella persona.
E quella persona è Gesù, il Cristo.
Credere non vuol dire sottoscrivere una serie di dogmi e di verità. Significa aderire ad una Persona, lasciare che questa Persona prenda il centro della propria vita, diventi il senso profondo delle nostre azioni.
Se realmente accetto Cristo come il "pane vivo", cioè il nutrimento essenziale alla mia vita, non posso relegarlo poi ad elemento accessorio, marginale, di qualche momento o qualche giorno della mia vita.

E questo "pane vivo" farà si che la fedeltà a Lui non sia un peso subìto, ma sia vissuta gioiosamente. Legarsi a Lui in un rapporto di fede e di amore non incatena, ma rende estremamente liberi, sempre in cammino, aperti a tutte le sorprese, disponibili alla meraviglia di un Dio che fa nuove tutte le cose (e anche le persone). Se lo lasciamo agire in noi, Lui ci aiuterà a ripulire le nostre scelte da tutte le incrostazioni delle convenienze, delle paure, delle abitudini.


(Gs 24,1-2.15-17.18; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69)


12 agosto 2021

Il corpo: epifania del nostro spirito - 15/08/2021 - Assunzione della Beata Vergine Maria

 


La solennità dell'Assunzione è la consacrazione della corporeità, del corpo umano.
La visione del corpo come 'prigione dell'anima' è una visione pagana che non ha assolutamente niente di cristiano. Una visione pessimistica del corpo è una concezione anti-cristiana.

Incarnazione significa che Dio si è fatto carne, corpo. E proprio questo fatto, che è alla base della nostra fede, ci dice che tutto l'essere umano, «spirito, anima e corpo» (1Tess 5, 23), è stato riscattato e riconciliato. Anche il corpo è stato riempito di grazia divina, non solo l'anima.

Maria ha accolto il Verbo col proprio corpo, e ha poi servito il Figlio con tutta la sua persona. È stata sempre disponibile non solo col proprio spirito, ma anche col proprio corpo. I gesti, i movimenti, gli atteggiamenti del suo corpo hanno insegnato a Gesù la liturgia umile, e allo stesso tempo grandiosa, del servizio e del dono di sé.
Quindi non deve stupire se proprio questo suo corpo, che è stato strumento della lode e del servizio, alla fine è stato chiamato a prendere parte alla gloria definitiva di suo Figlio, il Cristo.

Nel Credo Apostolico noi proclamiamo di credere «la risurrezione della carne». Anche il nostro corpo parteciperà alla gloria divina. L'anima non può rimanere da sola per l'eternità, ha bisogno del suo compagno di viaggio perché con esso forma un tutt'uno indivisibile: la persona. Ed è proprio a questa unità che Dio ha promesso la Sua gloria.
Il corpo dell'essere umano "è infinitamente di più che il supporto di un'anima che pensa. È piuttosto l'incarnazione di uno spirito"(Dom Jean Déchanet). Il corpo è la manifestazione, l'epifania del nostro spirito.
Il corpo non è una zavorra, un freno alla nostra crescita spirituale, anzi. È chiamato a diventare lo strumento dello Spirito Santo nell'uomo, ad esserne il suo tempio, la sua casa abituale (1Cor 6, 19-20).

L'Assunzione ci ricorda la grandezza e il rispetto che è dovuto al corpo umano.
Umiliare, degradare, violentare, torturare, 'cosificare' il corpo, sia il proprio che quello degli altri, significa offendere in modo sacrilego Dio in quello spazio segreto, intimo e inviolabile dove ha posto la sua abitazione nell'uomo.


(Ap 11,19; 12,1-6.10; Sal 44; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56)


05 agosto 2021

Dio ci incontra nella 'banalità' di ogni giorno - 08/08/2021 - XIX Domenica tempo ordinario

 


«Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?»
Se siamo sinceri dobbiamo ammettere che anche noi, come i giudei, facciamo spesso fatica ad accettare un Dio come ce lo presenta Gesù. Non sempre riusciamo a riconoscere che il pane della vita, quello vero, disceso dal cielo, ci viene donato "nascosto" nell'apparente banalità del quotidiano. Facciamo anche noi fatica a riconoscere Dio che di manifesta nelle cose ordinarie, nelle realtà comuni, in quelle cose e in quelle persone che normalmente ci circondano, che diamo talmente scontate da quasi non vederle neanche più.

In fondo è l'Incarnazione, che ci fa scandalo.
Accettiamo un Dio che si nasconde dietro colonne d'incenso, dietro celebrazioni sfarzose e in pompa magna.
E dimentichiamo, quando non rifiutiamo, che con l'Incarnazzione è il quotidiano che diventa sacramento della presenza di Dio, e allo stesso tempo della nostra presenza a Dio. Lui si serve dei piccoli avvenimenti della vita di ogni giorno per rivelarsi. Le solite cose, le solite occupazioni, le solite persone, il solito orario, ci portano Dio che vuole incontrarci là dove siamo, in quello che facciamo, nella nostra esistenza di tutti i giorni. Non dobbiamo andare a cercare Dio in altri posti. Lui si fa trovare nelle occasioni più comuni, secondo il cerimoniale dei nostri gesti ordinari.

Ecco allora che 'credere' diventa imparare a vedere negli avvenimenti della propria vita il segno del passaggio di Dio. Significa accettare di lasciarsi aprire gli occhi. Imparare da quel monaco che, dopo quarant'anni che faceva il portinaio del convento, quando sentiva suonare il campanello diceva: "Ancora tu, o Dio!"
Riuscire a dire, ad ogni volto che incontriamo: "Buona giornata... mio Dio!" (d. Pierre Talec)

È vero che il Signore opera "grandi cose", ma lo fa alla sua maniera, nella discrezione. Lo fa sotto un segno modestissimo, di ogni giorno, proprio 'quotidiano': un pezzo di pane e un po' di vino.


(1Re 19,4-8; Sal 33; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51)


Immagine di don Giovanni Berti