Duomo di S. Donà di Piave - Cappella del Santissimo (p. M. Rupnik s.j.) |
Con il discorso delle Beatitudini, Gesù sviluppa l'annuncio che aveva fatto nella sinagoga di Nazareth. Adesso chiarisce che la "buona notizia" è rivolta soprattutto ai poveri e agli infelici.
Gesù annuncia che il suo regno è un capovolgimento totale delle nostre aspettative, delle nostre prospettive. È un cambio di 180 gradi della situazione attuale. La sua giustizia si manifesta ristabilendo l'equilibrio rotto dal nostro egoismo, le posizioni vengono rovesciate a favore dei deboli, degli esclusi, delle vittime, di tutti quelli che per la società non contano.
Questo lo fa come continuazione del cantico di Anna (1Sam 2, 4-5), come eco di sua madre che nel Magnificat cantava:
«ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.»
«ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.»
Gesù dice che adesso, con la sua venuta, nel mondo c'è un altro ordine, una diversa gerarchia di valori.
Ma questa nuova gerarchia non viene stabilita con un codice di leggi, ma viene proclamata con delle beatitudini.
Il cristianesimo non è una religione del dovere, cioè di quelli che sono bravi, ma è una religione della chiamata alla felicità. Gesù ci dice «beati», mai "bravi".
La beatitudine della Bibbia non è mai un desiderio, un augurio, una promessa. È sempre una constatazione, un rallegrarsi, un felicitarsi da parte di Dio. I destinatari di questo annuncio sono già beati nel momento in cui Dio si rallegra, danza di gioia insieme a loro.
I poveri, gli affamati, gli afflitti e i perseguitati (i destinatari delle 4 beatitudini di Luca), in fondo, sono tutti in una situazione di infelicità, di privazione di beni materiali, di soffocamento delle loro esigenze fondamentali. Sono tutti dei poveri di qualcosa.
Ma Gesù non consacra la povertà come condizione per accogliere il regno di Dio. Pensare questo vuol dire legittimare l'ingiustizia e l'egoismo umano. Neppure dice che la povertà sia moralmente migliore della ricchezza. Il Regno rimane un libero dono del Padre, non conquista dell'uomo.
Gesù ci dice che il Padre non è un contabile o un notaio. Con le Beatitudini, Gesù ci dice: "Beati i poveri perché Dio è stanco di vedervi soffrire, perché Dio ha deciso di mostrarvi che vi ama" (Jacques Dupont O.S.B.)
Non dobbiamo tradurre le Beatitudini in un amore alla povertà, ma nell'amore ai poveri. L'ideale non è la povertà, ma l'amore. Amore che si deve esprimere nella condivisione, nel trasformare i beni in sacramento di fraternità.
(Ger 17,5-8; Sal 1; 1Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26)
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