Pentecoste Cappella Opera Salesiana -Testaccio - Roma (mosaico - p. M. Rupnik s.j.) |
Lo Spirito è il grande protagonista della solennità della Pentecoste, e il suo arrivo è indicato con due immagini: quella del vento e quella del fuoco (vedi prima lettura: At 2,1-11).
«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3, 8)
Aprirsi all'azione dello Spirito Santo vuol dire diventare delle creature che non si accontentano delle solite strade, dei sentieri ben tracciati dall'abitudine, dalle ripetizioni, dal "fanno tutti così". Chi si lascia guidare dallo Spirito non perde mai la capacità di sorprendere.
Il vento non lo puoi ingabbiare, controllare. Nessuno è così libero come un santo. Nessuno è meno controllabile di chi si lascia portare dallo Spirito.
Ma il vento è anche inarrestabile, non puoi fermare il vento (e noi triestini lo sappiamo bene). Il vento è una realtà dinamica. Non lo si possiede, ma si viene afferrati da lui. Non lo si comanda, ma ci si affida. E quando si impara a conoscerlo, a rispettarlo e a 'prenderlo' lui ci può portare fino in capo al mondo.
Accogliere lo Spirito Santo nella propria vita significa accogliere il vento. E quando si accoglie lo Spirito c'è una sola certezza: niente riamane come prima. Perché lo Spirito scombina i nostri piani per far accadere i piani di Dio. Lo Spirito si diverte a non lasciare niente e nessuno al proprio posto: «Questi uomini gettano il disordine nella nostra città» (At 16, 20) è l'accusa che porta Paolo e Sila in prigione.
Ma lo Spirito è anche fuoco. E il fuoco illumina, scalda e purifica.
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49) Gesù si dimostra impaziente riguardo a questo fuoco. Che non è il fuoco dell'egoismo, della brama di possesso e di potere, ma è il fuoco dell'amore, del desiderio di donarsi e di donare pace e serenità.
Gesù cerca persone che non abbiano paura di scottarsi, di avvicinarsi a questo fuoco come il buon samaritano si è avvicinato al ferito. E non importa se il mio fuoco è solamente una piccola fiammella. Insieme a quelle di tutti gli altri, insieme al 'fuoco' di Gesù può accendere d'amore tutto il mondo.
Perché la familiarità col fuoco si esprime anche attraverso una fede 'contagiosa'. La nostra fede deve essere luce che riesce ad illuminare la via verso il Signore, una piccola candela che brilla nella notte.
(At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23-26)
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