Trinità Chiesa degli Angeli Custodi - Budapest (H) (mosaico - p. M. Rupnilìk s.j.) |
Quando Dio dice: «Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza» (Gen 1,26), se guardiamo bene, possiamo notare che Adamo non è fatto a immagine del Dio che crea, non a immagine dello Spirito che «si librava sulle acque»(Gen 1,1), non a immagine del Verbo che «era da principio presso Dio»(Gv 1,1).
È molto di più. Adamo ed Eva sono fatti a immagine della Trinità, a somiglianza di quella comunione, di quel legame d'amore, di quella condivisione. È questa la nostra identità più profonda, il cromosoma divino in noi. In principio, alla base di tutto, c'è la relazione.
Ecco allora che quando apriamo il Vangelo noi troviamo un Padre che non è paternalista, ma è sempre tenero, rispettoso delle libertà dei suoi figli, sempre pronto ad accogliere il prodigo. Un padre che fa del perdono la sua caratteristica principale, il suo tratto caratteristico.
Troviamo un Figlio che in Gesù ha un volto umano, fraterno. Un Dio che è attorno a noi, al nostro fianco. Un Dio che ha avuto fame, ha avuto sete, ha sofferto come noi, ama e fa festa con noi.
E troviamo, nello Spirito Santo, un Dio che per esserci più vicino ha fatto del nostro cuore, del nostro intimo, la sua casa. "Dio mi è più intimo di quanto io lo sia a me stesso" (sant'Agostino)
La Trinità non è un'idea, è una comunione.
Una comunione che illumina le nostre relazioni umane. "La nostra dottrina sociale è la Trinità" (Berdiaev). Chi crede nella Trinità cerca di vivere rigettando l'egoismo, il rinchiudersi in sé stesso. Sa che non importa quante volte in una giornata ha pensato a Dio, ma ciò che conta realmente è quante relazioni ha vissuto, quanti legami tra le persone ha creato, ha coltivato, ha fatto crescere.
Non si tratta di limitarsi a credere alla Trinità, si tratta di lasciarsi abbracciare da quel flusso d'amore, da farsi inglobare in quella condivisione.
(Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15)
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