Battistero del Duomo di Padova (affresco) |
A ben guardare i sadducei, con la loro domanda volutamente provocatoria, involontariamente esprimono una esigenza profondamente umana: la sete di eternità, l'esigenza che, attraverso i figli, qualcosa di noi ci sopravviva.
E Gesù ci dice che lo stesso bisogno di fecondità ce l'ha Dio. Quest'ansia umana è diventata anche ansia divina ed è per questo che afferma "sono figli di Dio perché sono figli della resurrezione".
Dio e gli uomini hanno lo stesso bisogno di dare la vita a figli da amare. Dio è Padre perché ha dei figli che sono vivi per sempre.
È questo il seme, la radice della resurrezione.
Un'altra cosa però traspare dalla domanda: i sadducei concepiscono il Paradiso come una durata senza fine di tempo. E questa visione è anche di tanti cristiani. Spesso si pensa al Paradiso più come ad un prolungamento del presente che come alla forma stessa della vita di Dio; più come ad una sottrazione di vita («non prendono né moglie né marito») che come ad un'addizione senza fine e misura di vita. Essere in cielo significa partecipare della vita di Dio, è il superamento dei limiti dell'amore.
Ecco perché non si sposeranno, perché il matrimonio non sarà più necessario. Quello che rimarrà sarà l'amore. Non si sposeranno ma ameranno, e lo faranno senza più misura o limiti, perché ameranno con la pienezza di Dio. Nessun gesto d'amore andrà perduto o dimenticato, ma invece verrà portato alla massima grandezza.
«Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe». Loro appartengono a Dio, ma anche Dio appartiene a loro. È così forte il loro legame che Dio si presenta con il nome dei suoi amici, di coloro che ama. Dio più forte della morte, ma anche così umile da sentire i suoi amici come parte integrante di sé.
Ed è perché sono parte di sé che li farà risorgere, che ci farà risorgere. Perché è solo con la nostra resurrezione che può essere "Padre per sempre".
Dire resurrezione equivale a dire Dio. La fede nella resurrezione non è il frutto del mio desiderio di esistere oltre la morte, della mia sete di eternità, ma ci dice il bisogno di Dio di donare la vita, di custodire tutte le vite "all'ombra delle sue ali" (cfr. Sal 17, 8).
Noi diciamo che l'uomo è un 'essere mortale'. Ma Gesù ci dice invece che l'uomo è un essere 'natale', che esiste per la nascita, che nasce continuamente, che nascerà per sempre. Il nostro pellegrinaggio non va verso la morte, ma va dalla morte verso la vita.
(2Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38)
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