05 ottobre 2023

Dio non spreca il suo tempo in vendette - 8/10/2023 - XXVII Domenica Tempo Ordinario

acini di luce
(foto J.C.)



Con questo brano si chiude quella che viene anche detta la 'trilogia della vigna' di Matteo che abbiamo visto in queste domeniche. Mentre la prima parabola era rivolta ai discepoli, le ultime due sono rivolte «ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo», cioè alle autorità religiose e civili.
La vigna è spessissimo usata nella Bibbia come metafora del popolo ebraico, per cui il senso immediato della parabola è chiarissimo ai destinatari e anche a noi.

Ma c'è anche un senso un po' più profondo, non così immediato. La vigna non è solo il popolo d'Israele, ma siamo anche tutti noi, tutta l'umanità è la vigna coltivata, curata, amata dal Signore. Ma noi siamo anche la delusione del Signore, siamo gli «acini acerbi» (prima lettura), i contadini malvagi.
Allora per capire la parabola mi pare si debba partire da una frase della prima lettura, dove il profeta Isaia fa esclamare al Signore «Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?».
Nonostante tutto Dio è appassionatamente innamorato della sua vigna, cioè anche di me, nonostante le mie infedeltà, nonostante le mie cattiverie, Lui cerca di fare per me quello che nessun altro cercherebbe di fare. Per quanto io sia una vite insignificante e improduttiva, Lui non vuole rinunciare a me. È questo il fondamento della fede!

Ma quando noi usciamo da questa logica di amore, di dono, e ci lasciamo prendere dalla smania del possesso, del primeggiare, quando noi non pensiamo più secondo il "noi", ma solo secondo l'"io", allora diventiamo come i vignaioli della parabola. Invece della gioia del raccolto, del produrre insieme dei prodotti per la festa e la vita, diventiamo portatori di violenza, produttori di frutti insanguinati, distruttori della vita.
Ma anche i sacerdoti e gli anziani del popolo sono sulla stessa lunghezza d'onda, hanno la stessa mentalità. Anche loro continuano a essere legati alla catena della violenza.

Ma Dio non è d'accordo. Lui non ci sta. Lui è per la vita, non per la morte. Lui non è legato a nessuna catena, anzi, vuole spezzare tutte le catene, prima fra tutte quella della violenza. Nella storia continua dell'amore di Dio e del tradimento dell'uomo, Gesù immette la novità del Vangelo: al contrario di quanto detto dal profeta Isaia, non c'è nessuna vendetta, nessuna nuova vigna.
I nostri peccati, le nostre infedeltà, non riescono a fermare il piano di Dio. La vigna darà buoni frutti. Dio non spreca il suo tempo in vendette.
Dio darà la sua vigna «a un popolo che ne produca i frutti». Un popolo formato da chi avrà scelto il perdono al posto della vendetta, la misericordia al posto della giustizia, l'amore al posto della paura, il "noi" al posto dell'"io". E per far parte di questo popolo non conta il nostro passato, quello che conta è solo la nostra voglia di futuro.
E allora la vigna non darà più grappoli rossi di sangue, ma rossi d'amore, acini di luce gonfi del mosto di Dio per donare un vino di felicità e gioia senza fine.


(Letture:
Isaia 5,1-7; Salmo 79; Filippesi 4,6-9; Matteo 21,33-43)


3 commenti:

  1. La fede in Dio (da me a Lui) e l'amore di Dio (da Lui a me) di cui faccio quotidianamente esperienza, è quanto di meno prevedibile abbia mai conosciuto. Quanto di più affidabile, quanto di più emozionante. Sarà per questo che, chi ha Fede, non teme nulla, e non sente, in fondo, alcuna necessità.

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  2. Necessiterei, in realtà, di essere un po' più "informatica": forse non dimenticherei di firmare. Forse...Emanuela

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    1. Non ti preoccupare, si è sempre in tempo per imparare. Grazie della visita.

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