Come sempre, quando Gesù parla di due figli, non vuole indicare due persone diverse, ma due tendenze che sono presenti nel cuore di ognuno di noi.
Il fatto è che non abbiamo quella qualità, peraltro difficile da ottenere e soprattutto da mantenere, che i padri del deserto chiamavano 'cuore indiviso', cioè un cuore che sia centrato su di unico obiettivo e non si lasci distrarre da niente altro.
Noi invece siamo presi da tante cose. A tutti noi capita di dire no, ma poi di ripensarci e fare, o di dire di si e poi dimenticarci di fare. Capita di abbandonare Dio ma poi sentirne la nostalgia e tornare a casa, o di arrabbiarsi col padre perché fa festa per chi è tornato.
Anche a noi capita, come a san Paolo, di fare il male che non vogliamo, e di non riuscire a fare il bene che vorremmo (Rm 7,18-25). Tante volete anche per noi vale la frase che Goethe fa dire a Faust 'Ah, due anime abitano nel mio petto'.
Ma Dio non si arrabbia per questo, anzi, come un genitore davanti ad un figlio che fa fatica a capire, cerca il modo migliore di spiegare come fare. Gli indica una strada e lo rassicura che sarà sempre con lui per sorreggerlo e accompagnarlo. E la strada è quella della ricerca di avere un cuore semplice (Sap 1, 1), di pregare il Signore ce ne faccia dono (Sal 86, 11). La strada è quella del primo figlio che si pentì e andò a lavorare.
Letteralmente Matteo dice che questo figlio 'si convertì', cioè cambiò il suo sguardo. Pensando a quanto detto domenica scorsa, abbandonò 'l'occhio cattivo'. Cioè vide in modo nuovo la vigna, il padre, l'obbedienza.
La vigna non è più la vigna del padre, ma è la 'nostra' vigna, quella del padre, del figlio e di chiunque venga a lavorarci.
Il padre non è più un padrone a cui sottostare, ma il vignaiolo che chiede aiuto per preparare il vino per la festa di tutta la casa.
Ed ecco che il cuore, liberato da vincoli e imposizioni, si ricompone, si unifica. Perché non si può lavorare o amare bene per imposizione, ma solo per libera scelta.
Il nodo della questione sta proprio nel fare la volontà del padre. Ma occorre capire bene quale sia questa volontà. Dio non vuole dei figli che siano dei servi ossequienti, dei burattini che si muovono a comando. Lui vuole dei figli liberi e adulti, che si alleino con lui per la fecondità del creato, che cerchino di portare più vita e più bellezza nella realtà in cui vivono.
Dio non vuole obbedienza, ma fecondità. Non ci chiede sottomissione, ma che lo aiutiamo a portare nel mondo frutti abbondanti, grappoli gonfi di vino per la festa senza fine.
Il Vangelo di oggi si chiude con parole di speranza, con promesse di vita.
Dio ha sempre fiducia in ogni suo figlio o figlia. Nei pubblicani, nelle prostitute, e anche in noi, nonostante i nostri errori, i nostri ritardi nel dire sì. Dio crede in noi, sempre.
Forte di questa certezza, posso anch'io cominciare ogni giorno la mia conversione verso un Dio che non è dovere, ma amore e libertà.
Assieme a Lui e a tutti i fratelli, vendemmieremo grappoli abbondanti, dolci di rugiada e di sole, anticipo di festa e di gioia senza fine.
(Letture:
Ezechiele 18,25-28; Salmo 24; Filippesi 2,1-11; Matteo 21,28-32)
Ezechiele 18,25-28; Salmo 24; Filippesi 2,1-11; Matteo 21,28-32)
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