28 dicembre 2023

Dio si rivela solo ai bambini - 31/12/2023 - Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

San Giuseppe balia asciutta
Libro d'Ore composto a Besançon (1450 ca.)
Fitzwilliam Museum - Cambridge (UK)



Penso che il punto culminante del Vangelo di oggi sia quello della 'rivelazione' dell'identità del Bambino all'interno del Tempio, cioè del riconoscimento e dell'omaggio messianico da parte di due anziani: Simeone ed Anna. Questo momento è una specie di cerniera tra l'Antico e il Nuovo Testamento.
La legge ha spinto Giuseppe e Maria a Gerusalemme, lo Spirito Santo muove Simeone ed Anna ad andare al Tempio. L'incontro avviene nel cuore stesso della religione ebraica.

Il 'Nunc dimittis' è un grandioso respiro profetico che tratteggia la futura missione di Gesù in chiave universalistica, è uno spostare l'orizzonte oltre i confini di Israele. Simeone ha «visto la tua [di Dio] salvezza», ma questa salvezza, anche se viene da Israele, non è esclusiva del popolo ebraico, ma è per «tutti i popoli».
La luce folgorante percepita da Simeone, e scaturita dal contesto ordinario di tre umili persone, è destinata ad «illuminare le genti», tutte le genti.

Alla profezia di Simeone si lega quella di Anna. Anche lei indica il Messia. E anche lei viene presentata come un testimone autorevole, nonostante sia una donna, che per l'uso del tempo non poteva dare testimonianza valida. Dopo la profezia cupa di Simeone riguardo alla Madonna (l'immagine della spada) il personaggio di Anna "viene come un sorriso" (Alessandro Pronzato).

Ma un altro tema emerge dalla presentazione di Gesù al tempio: quello della giovinezza. Certo c'è implicato un Bambino, Ma Simeone e Anna, benché dal punto di vista anagrafico siano vecchi, in realtà sono giovani. O meglio, sono riusciti a rimanere giovani.
La loro vita è stata cucita dal filo dell'attesa. Più che accumulare esperienze e delusioni, loro hanno accumulato speranza. Hanno avuto il coraggio dei propri sogni, sono rimasti 'creature di desiderio'. Non si sono lasciati piallare dall'abitudine. Gli anni non hanno inaridito il loro cuore.
Nemmeno la rigidità dell'istituzione e le numerose leggi della Torah, sono riuscite a spegnere la luce del presentimento.
Inseriti nelle rigida struttura del Tempio, i loro occhi sono rimasti puntati verso il futuro.

Così nel Tempio, un bambino di nome Gesù è stato preso in braccio da un fanciullo di nome Simeone e da una ragazzina di nome Anna. La Madre stessa era una fanciulla.
Tutta la scena si svolge in un clima di giovinezza, di stupore, anche se siamo nell'ambiente austero e 'antico' del Tempio. Dio si rivela solo ai bambini, il Regno che si è appena inaugurato è riservato a loro.

Nelle fissità del Tempio, un gruppetto di persone ha rinunciato alle cose vecchie e si è dimostrata disponibile ai 'tempi nuovi'. Non si è accontentato del 'già visto', ma si è aperto al 'nuovo'. Si sono resi disponibili al progetto di un Dio che è sempre nuovo e che fa nuove tutte le cose.




Letture:
Genesi 15,1-6; 21,1-3
Salmo 104
Ebrei 11,8.11-12.17-19
Luca 2,22-40


21 dicembre 2023

Diventa la casa di Dio! - 24/12/2023 - IV domenica di Avvento




Nella prima lettura sentiamo che il re Davide è preoccupato perché, mentre lui ha una casa per ripararlo dal freddo e dal maltempo, l'Arca dell'Alleanza, cioè Dio stesso, è costretto in una tenda, è senza una dimora adeguata. E invece Dio gli risponde, per mezzo del profeta Natan, che sarà Lui, Dio, a costruire una casa per la discendenza di Davide e per tutto il popolo d'Israele.
Dio dice che la casa che fisserà come dimora universale per tutti gli uomini sarà Lui stesso nel suo Verbo, che verrà a dimorare fra gli uomini per essere la loro stessa dimora, luogo d'incontro. E tutto questo si realizza nell'estrema umiltà, nella semplicità, in quella piccolezza in genere rigettata dagli uomini, ma che invece è esaltante per il Creatore del mondo.

Dio, per costruire questa sua casa in mezzo a noi, ha fatto le cose con calma, senza clamori ed effetti speciali. Il Vangelo di oggi ci ricorda che Gesù ci ha messo anche lui, come tutti noi, nove mesi per venire al mondo. Gesù non era un bambino speciale, e alla sua nascita non c'è stato nulla di spettacolare, anzi, la nascita del figlio di Dio è posta sotto il segno del rifiuto degli uomini. Gesù non ha bruciato le tappe, non ha fatto salti mortali, è semplicemente cresciuto, poco a poco come ognuno di noi. Ogni nascita è qualcosa di lento, che chiede tempo, pazienza, rispetto; se un seme diventa subito albero, vuol dire che c'è qualche forzatura. Gesù è cresciuto nella fatica, come tutti, nessun privilegio, nessuna scorciatoia. Non è "nato imparato", ma come tutti noi ha dovuto imparare tutto, a parlare, a camminare, a mangiare, a leggere e scrivere, insomma, ha dovuto anche lui imparare a vivere.

Il Vangelo di oggi ci dice che Dio è venuto tra di noi per mezzo di una giovane ragazza sconosciuta, senza meriti particolari; in una ragione, la Galilea, molto periferica e con una brutta fama; in una "città" (che in realtà contava solo circa un centinaio di abitanti) chiamata Nazareth mai prima nominata nella Bibbia; in una casa qualunque, ma che viene visitata da Dio.
Dio è un visitatore. E se noi vogliamo incontrarlo dobbiamo farlo qui, in questa nostra vita quotidiana, perché per rendersi presente, per raggiungere l'intera umanità, Lui ha scelto la comunissima e banalissima quotidianità di Nazareth.

Ma Dio per nascere ha bisogno degli uomini, ha bisogno di una donna e del suo grembo! Una donna, Maria, ha messo a disposizione sé stessa. La grandezza dell'uomo sta in questo: mettere a disposizione sé stesso! È bellissimo quello che chiede il vangelo: non accontentarti di costruire a Dio una chiesa, invece diventa tu la sua casa, come ha fatto la Vergine Maria! Diventa la casa di Dio!
Dio non si vede, ed è vero! Ebbene, anche duemila anni fa non si vedeva, quando una donna lo portava in grembo. È necessario tornare al tempo della gravidanza di Dio; anche questo è il tempo di un Dio che non si vede, il tempo di un Dio nascosto nella vita degli uomini e delle donne di oggi.

Il Vangelo di oggi ci ricorda che non siamo noi ad allestire il presepe per accogliere il Signore, ma è il Signore che crea un solo presepe per accogliere ciascuno di noi.
Quella dei nostri presepi non è un'immagine sentimentale, una semplificazione del vangelo. Al contrario, ne esprime l'essenza. Il Signore stabilisce la sua dimora nella nostra casa. Vive con noi. La nostra storia e la sua storia sono una sola cosa. Stabilisce con noi un'alleanza, una amicizia eterna. Il nostro destino è per sempre legato al suo.



Che il Natale che viene possa essere la riscoperta della sorpresa di Dio, che possa aprire il nostro cuore alla meraviglia. Quella meraviglia che ci porta ad incontrare Dio nelle piccole cose della vita, che ci porta a gioire perché anche oggi è sorto il sole, a gioire perché anche oggi una persona ci ha sorriso o è stata gentile con noi, a gioire perché anche oggi possiamo donare qualcosa agli altri. E allora dal nostro cuore sgorga un "Grazie Signore, grazie di tutto!"




Letture:
2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16
Salmo 88
Romani 16,25-27
Luca 1,26-38


14 dicembre 2023

Essere solo una voce - 17/12/2023 - III domenica di Avvento (Gaudete)




Anche questa domenica il protagonista del Vangelo è Giovanni il Battista, «uomo mandato da Dio» con il compito di "dare testimonianza alla luce".

Bellissima la definizione egli che dà di sé stesso: si definisce come "voce", semplicemente una voce.
Siamo circondati da voci. Dappertutto ci sono voci che gridano, e per non sentirle ci mettiamo gli auricolari nelle orecchie in modo da sentire solo le voci del nostro smartphone.
Sono voci che ci impongono di acquistare quel prodotto, di non lasciarsi sfuggire quell'occasione, di mettersi in marcia contro qualcuno o qualcosa, di indignarsi, firmare, ecc. ecc. Rimbombano le voci del guadagno, del successo, dell'odio, della violenza, del piacere, della furbizia, e chi più ne ha più ne metta.

La voce di Giovanni invece è unica, insolita: "Preparate la via del Signore". Un invito molto gentile per farci notare che le nostre strade più battute ci fanno mancare l'incontro più decisivo. Ci avverte che il Signore arriva da un'altra parte, che sulla strada dell'avidità, dell'egoismo, della prepotenza è molto difficile, se non impossibile, incontrare Dio.
Ma questa 'voce' a volte viene affidata anche a noi. E non importa se dobbiamo farla risuonare nei deserti dell'indifferenza, dell'ostilità, del sarcasmo. Non tocca a noi valutare se il nostro grido viene accolto, se porta frutto, se qualcosa inizia a cambiare. Gli uomini e le donne possono continuare ad ascoltare le voci delle vanità, delle mode, ma è importante che qualcuno avverta che la via da preparare è un'altra.

Ma Giovanni, oltre che definirsi come «voce», chiarisce ogni dubbio sulla sua persona. Lui non è il Cristo, ma neanche uno dei grandi profeti del passato. Lui indica "Colui che viene" (tempo presente, non in un futuro più o meno vicino). Non vuole assolutamente accentrare l'attenzione su di sé, anzi: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3, 30).
Anche in questo ci è maestro. Anche noi dobbiamo imparare a dare spazio all'Altro, a dare spazio alla libertà degli altri. A volte (penso ai genitori, agli educatori, a tutti quelli che hanno una qualche responsabilità su altre persone) il nostro compito è di favorire l'incontro, prepararlo. Ma quando avviene dobbiamo discretamente farci da parte. Dobbiamo resistere alla tentazione di fare le veci dell'Altro, di imporre i nostri schemi, i nostri gusti, le nostre idee su come debba avvenire l'incontro, le nostre tempistiche su quando debba succedere.
Il vero testimone deve unire un grande coraggio (e ce ne vuole per gridare la verità) ad una straordinaria modestia, una spiccata capacità di 'cancellarsi'.
L'incontro va preparato, atteso, sofferto, pregato, desiderato intensamente. Ma bisogna essere disposti anche a pagarne il prezzo forse più difficile: nel momento un cui finalmente avviene, andarsene in punta di piedi, non importunare, non aspettarsi un cenno di saluto o un invito alla festa.
Dobbiamo imparare dal Precursore una cosa importantissima: a dire "Non sono io".




Raccontino a guisa di haiku

Un filosofo e un teologo
passeggiavano disputando
filosofemi e sillogismi;
una pratolina udì,
e umilmente offri all'ape la sua corolla

(il titolo è mio. Il testo non so di chi sia)



Colsi il sorriso
di una violetta solitaria.
A chi sorridi piccolo fiore?
A Dio che m'ama
e a te che mi contempli.

Margherita Pavesi Mazzoni




Letture:
Isaia 61,1-2.10-11
Luca 1
prima Tessalonicési 5,16-24
Giovanni 1,6-8.19-28


07 dicembre 2023

Nella piccolezza c'è una potenza infinita - 10/12/2023 - II domenica di Avvento




Una cosa che mi colpisce molto nelle letture di oggi è lo spostamento dei 'due punti' che avviene tra la prima lettura e il Vangelo, tra l'Antico Testamento e il Nuovo. Nella prima lettura il profeta Isaia scrive «Una voce grida: "Nel deserto preparate la via al Signore, ..."», mentre nel Vangelo, Marco scrive: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore».
Isaia dice a chi abita in Gerusalemme di andare nel deserto per preparare la strada al Signore che verrà per consolare il popolo, per "portare gli agnellini sul petto e condurre dolcemente le pecore madri" (Is 40, 11). Il Battista invece, dal deserto, invita tutti alla conversione per accogliere il perdono.

Dobbiamo tener presente che qui il deserto è si un luogo determinato, ma è soprattutto un simbolo. Il deserto, per il popolo ebraico, è il luogo della vicinanza, dell'intimità con Dio. È nel deserto che Yahweh ha parlato al suo popolo, nel deserto si sono celebrate le nozze tra Dio e il popolo eletto. È quindi naturale che il tempo della salvezza venga inaugurato ancora nel deserto.

Ma in special modo è nel deserto che il Signore aveva spinto Elia per confermare e rafforzare la sua vocazione (1 Re 19,1-18). Tutto questo, unito alla descrizione dello stile e delle vesti, fanno del Battista un chiaro riferimento al profeta Elia. Il profeta Elia che secondo la tradizione ebraica doveva ritornare sulla terra subito prima del Messia, è proprio Giovanni il Battista.

E Giovanni, come i veri profeti, si preoccupa di precisare che il "più forte" non è lui, ma qualcuno che viene dopo. Giovanni, come i veri profeti, crea un'attesa, invita all'attenzione sul personaggio più grande. Non concentra l'attenzione su di sé, rimanda ad un Altro.

Strano percorso quello di Giovanni: per raggiungere gli ascoltatori, fugge dalla città. Non cerca un pubblico, ma si fa cercare. E anche Gesù, prima di iniziare la sua vita pubblica, si ritirerà ne deserto. Un antico Padre del deserto ricordava che "dal momento che avrai imparato a fare a meno degli uomini, gli uomini si accorgeranno che non possono più fare ameno di te". Nel silenzio del deserto le parole e i pensieri vengono ripuliti dall'abitudine e ritrovano la loro forza e il loro splendore originari. Nel silenzio del deserto l'annuncio trova la strada per arrivare al cuore degli uomini. Nel deserto scopri la tua piccolezza, ma scopri anche che nell'estrema piccolezza, se ti lasci prendere per mano dal Signore, c'è una potenza infinita: «quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12, 10) ci ricorda l'apostolo Paolo.
La miseria ammessa, non sarà impedimento, ma può trasformarsi in trasparenza.
La piccolezza riconosciuta, può diventare manifestazione della grandezza.

Come cristiani, e come Chiesa, solo se ci facciamo piccoli, se non annunciamo noi stessi, se ci facciamo da parte per far passare un Altro, diventiamo credibili e suscitiamo interesse.




Letture:
Isaia 40,1-5.9-11
Salmo 84
seconda lettera di san Pietro 3,8-14
Marco 1,1-8