29 maggio 2025

Inviati a benedire il mondo - 1/6/2025 - Ascensione del Signore

 
Ascensione
miniatura su pergamena, XI secolo
Codice n. 587m - Monastero Dionisiu (Monte Athos)

 
«Alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, fu portato verso il cielo». L'ultima immagine di Gesù che hanno gli Apostoli è Lui che benedice. E questa benedizione, ultimo dono del Cristo, attraversa i secoli e raggiunge ognuno di noi. È una benedizione che, come un abbraccio tra cielo e terra, si stende su tutta la storia e tutto il mondo. È una benedizione che scende sulle nostre malattie e le nostre delusioni, sull'uomo peccatore e sulle vittime. Ci assicura che la vita è più forte delle nostre ferite.
 
Il vangelo di Luca parte dalla benedizione di Elisabetta a Maria, «benedetta tu fra le donne» (Lc 1,42) per terminare con la benedizione di Gesù, che è come dicesse: tu sei benedetto tra le creature, che sono tutte benedette.
Il Signore non ci ha lasciato un giudizio, ma una benedizione. Non una condanna, o un rimprovero, o un ordine perentorio, ma una bella parola sul mondo e su di noi, una parola di stima.
Ma cosa abbiamo fatto per essere benedetti? Niente. Non sono assolutamente degno di questa benedizione, ma mi tengo stretto questo atto di speranza e di fiducia, che mi aiuta a migliorare, e a risollevarmi dalle cadute, dagli sbagli e dagli errori che continuamente faccio.
 
Ed è questa benedizione che siamo chiamati ad annunciare al mondo. Perché è questa benedizione che fa sgorgare il canto del Magnificat, che fa tornare gli apostoli «con grande gioia» a Gerusalemme.
È la gioia di sapere che i nostri piccoli gesti d'amore non sono inutili, ma vengono raccolti goccia a goccia nelle mani di Dio e fatti risplendere per sempre.
È la gioia di vedere in Gesù che la nostra vita è più forte delle nostre ferite, che siamo fatti di carne impastata col cielo. Che non esiste nel mondo solo la forza di gravità che pesa verso il basso, ma anche una forza di gravità che spinge verso l'alto, che è come una nostalgia di cielo.
Cristo è asceso nell'intimo di ogni creatura, forza ascensionale verso una vita stracolma di felicità.
 
 

 
Letture:
Atti 1,1-11
Salmo 46
Ebrei 9,24-28;10,19-23
Luca 24,46-53
 
 

22 maggio 2025

Il dono dello Spirito - 25/5/2025 - VI Domenica di Pasqua

 
Spirito Santo
(vetrata)
Basilica di san Pietro (Roma)

 
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola». Tutto poggia sulla prima parola: «se». In questa parolina c'è tutto il rispetto amoroso di Dio, che non esprime un ordine o un comando, ma una constatazione: se tu ami il Signore, prenderai ogni sua parola come detta per te, scritta apposta per te.
E viceversa: se non ami Dio, quella parola non si accenderà mai e non ce la farai a vivere da credente.
L'amore è la partenza, la spinta. Perché solo lui dona energia, luce, calore, gioia in tutto quello che fai. Solo l'amore ti fa volare. Volare a osservare e vivere la Sua parola. Ma noi abbiamo subito capito male, come se Gesù avesse detto di osservare i suoi comandamenti per poterlo amare. E invece no, la Parola non coincide con i comandamenti, è molto di più.
La Parola salva, illumina, traccia strade, consola, solleva. La parola fa vivere, semina i campi della vita, incalza. Solo se la ami si accende e ti scalda, ti libera.
 
«Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Passione di Dio è la vicinanza, l'accorciare le distanze, l'unità. Dio non si merita, si accoglie.
Dio cerca casa, e la cerca proprio in me. Forse troverà solo un misero riparo, ma una cosa sola mi chiede: che gli apra il mio cuore. A Lui non basta essere con me alcuni momenti, Lui vuole condividere ogni istante, ogni sentimento. Brindare con me nella gioia, abbracciarmi nella tristezza, asciugarmi le lacrime nel dolore.
 
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace». Pace è il primo saluto del Risorto: «Pace a voi!» (Gv 20,19). La pace biblica è pienezza di vita, non solo fine delle guerre. È un miracolo fragile, ma che si può rinnovare continuamente. È armonia con tutto ciò che vive. «Cristo è la nostra pace» (Ef 2,14) che ci mette in armonia con tutto ciò che c'è, con tutto il creato.
 
«Verrà il Consolatore, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Gesù che non pretende di averci insegnato tutto. I dubbi e i problemi del nostro tempo non sono quelli del tempo di Gesù, ad essi Gesù non ha potuto fornire risposte. Lo hanno sperimentato da subito gli apostoli stessi, quando scrivono ai cristiani di Antiochia: «È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo ...» (prima lettura di oggi), davanti a un problema nuovo che Gesù non aveva potuto affrontare.
Lo Spirito di Dio abita la Chiesa e ogni credente perché possano rispondere creativamente alle nuove sfide, ai conflitti nuovi. Lo Spirito Santo non si rivolge solo ai grandi personaggi, ma convoca tutti quelli che si sentono toccati al cuore da Cristo e non si stancano di cercarlo e di amarlo. Ci fa rinascere come cercatori d'oro, impegnati a inventare luoghi dove si parli con amore dell'Amore.
 
Ed è bellissimo ammirare come lo Spirito Santo abbia ispirato, lungo i millenni e i continenti, tutta una sinfonia di chiese, liturgie, teologie, spiritualità, forme d'arte diverse. Che tutte insieme rivelano il volto di Dio.
È la diversità che rivela il volto di Dio; è la creatività, non l'uniformità.
Dio è sempre oltre.
È tesoro che non finisce.
È sorgente che non smette mai di zampillare.
È vento che non smette di soffiare.
È fuoco che arde senza bruciare
.
 
 

 
Letture:
Atti 15,1-2.22-29
Salmo 66
Apocalisse 21,10-14.22-23
Giovanni 14,23-29
 
 

15 maggio 2025

Siamo ricchi di Dio - 18/5/2025 - V Domenica di Pasqua

 
Lavanda dei piedi
chiesa São Bento do Morumbi - San Paolo (Brasile)

 
"Amatevi come io vi ho amato". Il cristiano non è chiamato ad amare. Questo lo fanno più o meno molti, e qualcuno anche in modo da illuminare il mondo. Il cristiano è chiamato ad "amare come Cristo", cioè col suo modo, che inizia dagli ultimi, dai più piccoli, che lascia le 99 pecore per andare a recuperare l'unica dispersa, che arriva ad amare i nemici, a perdonare chi lo stava crocifiggendo.
Gesù sa benissimo che per l'uomo è impossibile amare 'quanto' ci ama Dio. È per questo che ci dice di amare 'come' Lui, cioè con quella maniera, quello stile, quella creatività.
Perché l'amore di Dio è creativo, si adatta all'amato, sa che ognuno di noi è diverso, ha bisogni e sensibilità diverse. Il suo è un amore che non chiude mai la porta, non pronuncia mai un verdetto, non guarda mai al passato. È un amore che apre strade, che indica passi in avanti. Un amore che ti fa debole e allo stesso tempo fortissimo: debole verso chi ami, ma fortissimo contro il male.
È un amore che perdona, ma non giustifica ogni sbaglio. Giustifica la fragilità, lo stoppino smorto, la canna incrinata, ma non l'ipocrisia dei pii e dei potenti. Ama il giovane ricco ma attacca l'idolo del denaro.
Se il male aggredisce un piccolo, Gesù evoca immagini potenti e dure come una macina al collo.
È un amore che per difendere gli agnelli si fa guerriero e lottatore.
Ma se il male è contro di Lui allora è agnello mite, che non apre bocca.
 
«Come io ho amato voi» ci indica un'altra cosa: l'amore cristiano è prima di tutto un amore ricevuto e accolto. L'amore non nasce da uno sforzo di volontà, dalla mia bravura. L'amore viene da Dio: l'amare comincia con il lasciarsi amare. Dio riversa il suo amore in noi come in un'anfora che si riempie fino all'orlo e poi tracima e diventa sorgente per dissetare gli altri.
Non siamo più bravi degli altri, siamo più ricchi. Ricchi di Dio.
 
Terza caratteristica «che vi amiate gli uni gli altri»: tutti, nessuno escluso; guai se ci fosse un aggettivo a qualificare chi merita il mio amore e chi no. È l'essere umano senza altre etichette che sono chiamato ad amare. Ogni uomo, perfino l'inamabile.
Mettere dei limiti, escludere qualcuno, significa escludere Dio dalla nostra vita.
 
«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». "Non basta essere credenti, dobbiamo essere anche credibili" (Rosario Livatino). Dio non si dimostra, si mostra.
Ognuno deve farsi, come Gesù, racconto inedito dell'amore di Dio, canale attraverso il quale l'amore, come acqua che disseta e feconda, irrighi tutto il campo del mondo.
 
 

 
Letture:
Atti 14,21-27
Salmo 144
Apocalisse 21,1-5
Giovanni 13,31-35
 
 

08 maggio 2025

Nelle mani di Dio - 11/5/2025 - IV Domenica di Pasqua


 
 
«Le mie pecore ascoltano la mia voce ». Ascoltare. Nella Bibbia, oltre alla grande preghiera del «Sh'ma Yisrael» ("Ascolta Israele" Dt 6,4-9) c'è un'altra preghiera che incanta il Signore: il giovane Salomone, la notte prima di salire al trono, ha paura e prega, e Dio gli dice: Chiedimi quello che vuoi e te lo darò. Ed ecco che il ragazzo risponde: 'Donami un cuore che ascolti'. E Dio, stupito, gli risponde: Poiché non hai chiesto lunga vita e ricchezza e vittoria sui nemici, tutto questo ti darò, insieme a un cuore che ascolta (cfr 1Re 3,5-14).
Ascoltare è il primo servizio da rendere a Dio e all'uomo. Ascoltare qualcuno è già dirgli: tu esisti, tu sei importante.
Amare è ascoltare. Pregare è ascoltare Dio. Dio è ascoltato perché parla il linguaggio della gioia.
Ed è bello che Gesù specifichi: 'ascoltare la voce'. Prima ancora delle cose dette, è importante la voce. Riconoscere una voce vuol dire intimità, frequentazione, racconta di una persona che già abita dentro di te, che è desiderata come l'amata del Cantico: «fammi sentire la tua voce» (Ct 2,14). Prima delle tue parole, ci sei tu, la tua persona.
 
«Nessuno le strapperà dalla mia mano» e poi «nessuno può strapparle dalla mano del Padre». Questo insistere sulle 'mani di Dio' mi fa pensare a due cose.
La prima è il modo di dire "portare qualcuno in palmo di mano", cioè essere fiero di qualcuno, parlarne solo che bene.
Dio ci porta in palmo di mano!
Nonostante tutti i miei limiti, i miei difetti, le mia mancanze, Dio mi porta in palmo di mano.
Anche se mi sento incapace, del tutto inadeguato e non all'altezza, Dio mi porta in palmo di mano.
Nonostante tutto, Dio è fiero di me, parla bene di me, cioè mi benedice!
La seconda cosa che mi vien in mente è la pratica che avevamo quando andavamo a scuola (non so se si usi ancora) di scrivere, prima di un compito in classe, le cose che avevamo paura di dimenticare sul palmo della mano.
"Dio ha scritto il mio nome sul palmo della sua mano", dice il profeta Isaia (Is 49,16). Per Dio io sono indimenticabile, niente e nessuno mai mi potrà separare e strappare via.
 
Le mani di Dio. Mani che proteggono la mia fiamma smorta, mani sugli occhi del cieco, mani che scrivono nella polvere, che non lanciano sassi a nessuno, mani che sollevano la donna adultera da terra, mani inchiodate per un abbraccio senza fine. Mani offerte perché io mi riposi e riprenda il respiro del coraggio.
L'eternità è un posto nelle mani di Dio. Siamo passeri che hanno il nido nelle sue mani.
E da quel nido prenderemo il volo per poter dire ad altri: 'Nessuno ti strapperà mai via'.
 
 

 
Letture:
Atti 13,14.43-52
Salmo 99
Apocalisse 7,9.14-17
Giovanni 10,27-30
 
 

01 maggio 2025

A Dio interessa una sola cosa: "mi ami?" - 4/5/2025 - III Domenica di Pasqua

 
Pesci sul fuoco
(Foto di aliwan suratmaja su Unsplash)

 
L'ultima apparizione di Gesù è raccontata nel contesto della normalità quotidiana.
Gli Apostoli sono tornati là dove tutto ha avuto inizio, al loro mestiere di prima, alle parole di sempre: vado a pescare, veniamo anche noi. A volte, specie nei momenti di buio, di svolta, è bene tornare alle radici, alle sorgenti che hanno alimentato la nostra speranza e la nostra gioia.
 
Dopo la Resurrezione è nel cerchio delle azioni di tutti i giorni che, agli apostoli come a noi, è dato di incontrare Colui che abita la vita e le persone, non nei recinti sacri. È un nuovo inizio che sboccia per grazia, che ci dice che "la fede va di inizio in inizio, attraverso inizi sempre nuovi" (Gregorio di Nissa), che vivere è l'infinita pazienza di ricominciare ogni giorno.
 
Gli apostoli tornano alle radici, e Gesù ritorna da coloro che l'hanno abbandonato, e invece di chiedere loro di pentirsi, di inginocchiarsi, è lui che si inginocchia davanti ad «un fuoco di brace» come una madre che si mette a preparare da mangiare per i suoi di casa. È il suo stile: tenerezza, umiltà, custodia. "Vi chiamo amici, non servi" (cfr. Gv 15,14-15).
Ed è molto bello che chieda: «portate un po' del pesce che avete preso». Il pesce di Gesù e il tuo finiscono insieme e non li distingui più. In questo clima di amicizia e semplicità, seduti attorno a un fuocherello, si svolge il dialogo stupendo tra Gesù e Pietro, uno dei dialoghi più significativi di tutta la letteratura.
 
Gesù, maestro di umanità, usa il linguaggio semplice dell'amore, domande espresse infinite volte, in bocca a tutti gli innamorati: mi ami? Mi vuoi bene?
Il linguaggio delle radici profonde della vita diventa il linguaggio del sacro. La vera religione non è mai separata dalla vita.
A Gesù non importa giudicare né tanto meno assolvere. A Lui interessa un'altra cosa: "Mi ami?"
Per Lui nessun uomo coincide col suo peccato.
La santità non coincide col non aver peccato, ma col rinnovare, adesso e sempre, la nostra amicizia con Gesù. Il paradiso non è popolato da santi, ma è pieno di peccatori perdonati, di gente come noi.
 
C'è l'infinita tenerezza di Dio nelle tre domande, sempre uguali ma sempre diverse, di Gesù: «Simone, mi ami più di tutti?» Pietro risponde con un altro verbo, quello più umile dell'amicizia: ti voglio bene. Anche nella seconda risposta Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce il proprio cuore: ti sono amico. Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario. Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina: «Simone, mi vuoi bene?» Dammi affetto, se l'amore è troppo; amicizia, se l'amore ti mette paura. Pietro, sei mio amico?... Mi basterà.
 
Gesù dimostra il suo amore abbassando per tre volte la sua richiesta. Rallenta il suo passo per ridurlo alla nostra misura.
La misura del cuore di Pietro diventa più importante delle esigenze di Gesù. Davanti alla fatica di Pietro, Gesù si dimentica di sé. È questa l'umiltà di Dio. Solo così l'amore è vero.
 
E Gesù, affidando tutto il gregge al cuore timoroso di Pietro, gli dichiara: "Pietro, il tuo desiderio di amare, è già amore".
E lo stesso ripete a tutti noi.
 
 

 
Letture:
Atti 5,27-32.40-41
Salmo 29
Apocalisse 5,11-14
Giovanni 21,1-19