Dopo i pastori e Maria, un’altra statuina immancabile è quella di s. Giuseppe. Immancabile anche se la mettiamo sempre in un angolino della grotta, un po’ in fondo e un po’ in disparte, dove avanza un posticino. Ma non penso che questo gli dispiaccia. In fondo tutta la sua vita è stata all’insegna del nascondimento. La sua azione è poco appariscente, e anche la sua paternità è all’insegna della discrezione e del riserbo.
Di fronte all’annuncio dell’angelo, che non fornisce spiegazioni esaurienti, lui ubbidisce, accetta una realtà misteriosa (e anche tormentosa) nella propria vita, non rifiuta il mistero. Noi vorremmo sempre tutto chiaro, avere una soluzione convincente a qualsiasi problema, una risposta sempre chiara a ogni dubbio. Ragioniamo, discutiamo, chiariamo, e solo poi facciamo (ma tante volte ci accontentiamo di dire). Proprio l’opposto di Giuseppe. Lui prima fa e poi, eventualmente capisce. Noi invece volgiamo prima capire e poi eventualmente fare.
Anche il suo mestiere, falegname dice la tradizione, in realtà a quel tempo era un po’ il tuttofare della comunità, colui che aggiustava, riparava, sistemava ogni cosa, mobili, utensili, case. Anche noi dovremmo imparare l’arte di Giuseppe. Dopo gli incidenti, gli scontri, le liti, quando qualcosa dentro si rompe o si blocca nel nostro rapporto con gli altri, dovremmo avere la pazienza e la delicatezza di riparare i guasti, tentare di rimediare agli inconvenienti, cercare di ricucire, rimettere insieme. Soprattutto dovremo resistere alla tentazione di fare come si usa oggi con le cose che non funzionano bene: buttare via. Dovremmo resistere alla tentazione di gettare le persone, scartarle, ignorarle, dichiarare che non c’è più niente da fare.
Ma soprattutto nel mettere nel presepe la statuina di Giuseppe dovremmo pregarlo perché aggiusti tutto ciò che non funziona. Non nel presepe, ma nella nostra vita di credenti, nella nostra vita di uomini.
Di fronte all’annuncio dell’angelo, che non fornisce spiegazioni esaurienti, lui ubbidisce, accetta una realtà misteriosa (e anche tormentosa) nella propria vita, non rifiuta il mistero. Noi vorremmo sempre tutto chiaro, avere una soluzione convincente a qualsiasi problema, una risposta sempre chiara a ogni dubbio. Ragioniamo, discutiamo, chiariamo, e solo poi facciamo (ma tante volte ci accontentiamo di dire). Proprio l’opposto di Giuseppe. Lui prima fa e poi, eventualmente capisce. Noi invece volgiamo prima capire e poi eventualmente fare.
Anche il suo mestiere, falegname dice la tradizione, in realtà a quel tempo era un po’ il tuttofare della comunità, colui che aggiustava, riparava, sistemava ogni cosa, mobili, utensili, case. Anche noi dovremmo imparare l’arte di Giuseppe. Dopo gli incidenti, gli scontri, le liti, quando qualcosa dentro si rompe o si blocca nel nostro rapporto con gli altri, dovremmo avere la pazienza e la delicatezza di riparare i guasti, tentare di rimediare agli inconvenienti, cercare di ricucire, rimettere insieme. Soprattutto dovremo resistere alla tentazione di fare come si usa oggi con le cose che non funzionano bene: buttare via. Dovremmo resistere alla tentazione di gettare le persone, scartarle, ignorarle, dichiarare che non c’è più niente da fare.
Ma soprattutto nel mettere nel presepe la statuina di Giuseppe dovremmo pregarlo perché aggiusti tutto ciò che non funziona. Non nel presepe, ma nella nostra vita di credenti, nella nostra vita di uomini.
Giuseppe mi è sempre piaciuto molto e ho sempre provato tanta ammirazione per lui, ma se dovessi pregarlo perché aggiusti quello che nella mia vita non va, faccio prima d aggiustarlo da sola. Io comincio, poi se lui ci mette una buona parolina beh, molto meglio! ma non oserei chidergli tanto...
RispondiElimina