Si sente spesso lamentarsi che non c’è più il senso del sacro, neanche nella chiesa, che ciò che riguarda Dio viene banalizzato, reso terra-terra, che non c’è più trascendenza dicono quelli che vogliono far vedere che hanno studiato.
Ma cosa vuol dire “sacro”? Stando al vocabolario ‘sacro’ è ciò che è connesso, collegato, riservato alla divinità, e quindi per estensione ciò che è separato dall’uso normale, quotidiano.
Il senso del sacro giustamente vissuto ci ricorda che Dio è l’Altro per eccellenza, che non possiamo e non dobbiamo rinchiuderlo nei nostri schemi, che ‘le sue idee non sono le nostre idee’. Ci dice che se Dio ci da sempre ragione, se non ci sorprende mai, se ogni tanto non ribalta le nostre idee su di Lui, forse non stiamo più seguendo Dio ma qualcos’altro.
E il ribaltamento più grande lo ha portato Gesù: non è più l’uomo che deve salire fino a Dio, ma è Dio che scende a cercare l’uomo. Lui è vero Dio, e anche vero uomo. E come tale ha dovuto anche Lui imparare a camminare pagando lo scotto di cadute e sbucciature di ginocchia e mani, anche Lui ha dovuto imparare ad usare il vasino. E alla fine della sua vita ha scelto il suo trono: una croce. L’abito regale lo ha voluto fatto dal suo sangue e dai nostri sputi. Per valletti ha scelto due ladroni. Con Gesù, per trovare Dio non dobbiamo salire, ma scendere, non dobbiamo guardare allo sfarzo, alla potenza, ma all'umiltà, alla debolezza.
Gesù, e soprattutto Gesù risorto, spiazzano la nostra ricerca di Dio. La mattina di Pasqua è tutto un correre, corrono le donne, corrono Pietro e Giovanni, corrono le guardie. Ma Gesù non c’è, non è li dove tutti lo cercano, dove tutti vorrebbero che fosse. E gli angeli lo fanno notare: “Non è qui”. Lui stesso ci ha detto che quello che faremo al più piccolo lo faremo a Lui e ci ha promesso che sarà sempre con noi. Per questo se lo vogliamo trovare dobbiamo piegare la schiena per aiutare chi soffre, dobbiamo piegare le ginocchia per rialzare chi non ce la fa più. Ma soprattutto non dobbiamo farci venire il torcicollo a furia di guardare in alto. Che non capiti anche a noi, come agli Apostoli, di sentirci rimproverare dagli angeli: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”
Certo, pur dall'ateo incallito che sono, Gesu' mi sta proprio simpatico ;-)
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