23 settembre 2020

Dio vuole fare festa con tutti noi - 27/09/2020 - XXVI domenica tempo ordinario

Ancora una volta una vigna.
Come domenica scorsa, come tanti passi dei Vangeli e di tutta la Bibbia.
Ma mentre nell'Antico Testamento la vigna è simbolo del popolo d'Israele, per Gesù ha anche un altro significato, più profondo. È il simbolo del Regno di Dio che è già qui, adesso e ora, ma che sarà pieno un domani, quando le viti avranno fruttificato e i grappoli spremuti avranno dato il loro dono: il vino per la festa senza fine. È per questo che 'lavorare nella vigna del Signore' non è faticare sotto un padrone esigente o un padre tiranno. Lavorare nella vigna è la gioia di preparare insieme una grandissima festa. La vigna è la speranza di un futuro felice e sereno con tutti i fratelli e le sorelle. Speranza che possiamo rendere reale e concreta.

Una vigna dicevo. Ma qui invece del padrone della settimana scorsa abbiamo un Padre e due figli. Viene in mente la parabola del Padre Misericordioso (Lc 15,11-32). Anche lì abbiamo un Padre con due figli, e anche lì la parabola è indirizzata ai capi religiosi (sacerdoti e anziani in Matteo, farisei e scribi in Luca).
Il fondamento di tutta la nostra fede è qui: Dio è padre, è Padre di ogni uomo! È da qui che deve partire la nostra fede. Perché negare la fraternità con tutti gli esseri umani significa negare la paternità di Dio, significa negare Dio.
Possiamo sapere a memoria tutto il catechismo, tutta la Bibbia, ma se non riconosciamo tutti gli altri come nostri fratelli, siamo come il secondo fratello, quello che dà la risposta corretta ma non fa la volontà del Padre, come il fratello più grande in Luca, che non vuole partecipare al banchetto.

Ma c'è anche l'altro figlio, quello che dice di no. Un figlio impulsivo, che cerca lo scontro più che il confronto. Ma a cui poi succede qualcosa che l'ha disarmato, gli ha fatto cambiare idea, gli ha fatto cambiare modo d'agire, gli ha fatto cambiare vita! Cosa sia successo non sappiamo, a ognuno di noi è successo qualcosa di differente e unico, ma ha scoperto che il Padre non era un despota, non era uno interessato al possibile guadagno, ma era un papà pieno di amore che voleva solo fare festa per godere della reciproca compagnia.

Perché il desiderio più grande di Dio è proprio questo: fare festa con noi. Con tutti noi. E per questo Lui discende. Ce lo dice proprio la seconda lettura di oggi. Dio è disceso con l'Incarnazione, ma anche dopo si è chinato su ogni uomo per invitarlo alla festa. Si è chinato con l'adultera, con la lavanda dei piedi, con la cananea. Tutto il Vangelo è un chinarsi di Gesù. Gesù è Dio che discende e si china per poter Ascendere portandosi dietro tutta la storia, tutta l'umanità.

Tutti siamo invitati alla festa, sta a noi accettare o meno l'invito. Perché Dio, come il padre della parabola, ha bisogno della collaborazione dei suoi figli. Non può salvare me senza di me e non può salvare te senza di te. Come diceva Sant'Agostino "Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te"


(Ez 18,25-28 Sal 24 Fil 2,1-11 Mt 21,28-32)


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