Presentazione di Gesù al Tempio (particolare) Vittore Carpaccio - Pala d'altare (1510) Gallerie dell'Accademia di Venezia |
L'incontro che avviene nel Tempio è un incontro tra fanciulli. Lui è soltanto un Bambino di poche settimane e loro vengono indicati come vecchi: gli occhi di Simeone stanno quasi per spegnersi e Anna è una vedova «molto avanzata in età».
In realtà sono giovani, o meglio, sono riusciti a rimanere giovani.
Anche i loro nomi sono significativi: Anna vuol dire "grazia", e Simeone "Jahweh ha esaudito, ha ascoltato". La loro lunga vita è stata intessuta col filo dell'attesa e della speranza. Aspettare significa precisamente sperare: si è capaci di aspettare perché si spera, e la speranza si manifesta nella disposizione all'attesa. Quando uno non si aspetta più niente da nessuno, quando lascia esaurire la provvista di speranza, in quel momento stesso sulla sua vita cala il mantello della vecchiaia.
Più che accumulare esperienze e delusioni, Simeone e Anna hanno accumulato speranza, hanno avuto il coraggio dei propri sogni. Non hanno mai rinunciato alla follia dell'attesa di quell'incontro, al sogno di quel faccia a faccia. Sono rimasti 'creature di desiderio', non si sono lasciati schiacciare dall'abitudine. Gli anni, le solite cose, le solite persone, il solito lavoro, non hanno prosciugato la freschezza che era in loro; la successione monotona dei giorni non ha inaridito il loro cuore.
Ostinatamente, pazientemente, in un mondo vecchio, i loro occhi sono rimasti puntati verso l'avvenire. Dovevano tenersi pronti, non potevano mancare l'appuntamento decisivo, quello che costituiva la ragion d'essere di tutta la loro esistenza.
Ed ora, eccoli lì, al proprio posto, a fare da cerniera tra l'Antico e il Nuovo Testamento.
Così, nel Tempio, il Bambino è stato preso in braccio da un fanciullo di nome Simeone e da una ragazzina di nome Anna. Soltanto tra fanciulli ci si intende. Tutta la scena si svolge in un clima di giovinezza, di stupore, pur nell'ambiente austero e 'antico' del Tempio. La Madre stessa è una fanciulla. Dio si concede esclusivamente ai bambini. Il Regno che si inaugura è riservato a loro.
Nel Tempio, un gruppetto di persone ha rinunciato all'esperienza delle cose vecchie e si mostra totalmente disponibile ai tempi nuovi. Si sbarazza del già visto per aprirsi al nuovo. Sono creature che non si sono mai vergognate del loro sogno inaudito. E quel sogno non era altro che il progetto di Dio. Di quel Dio che è sempre 'nuovo' e che ama fare nuove tutte le cose e le persone.
«Lo Spirito che era su di lui, gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore». Simeone non poteva morire perché aveva ancora una cosa da vedere, la più importante. Gli mancava ancora un incontro, quello decisivo. Chissà quante persone aveva conosciuto. Eppure gli restava da vedere Uno ...
Lo Spirito gli aveva donato questa certezza, senza però rivelargli la data: i veri incontri, quelli che cambiano tutto nella vita, non stanno scritti sull'agenda.
Perciò Simeone vive di attesa, e quindi di speranza. Lui non guardava indietro, ma puntava i suoi occhi incerti verso il futuro. Quando uno si ritiene ormai arrivato, pensa di aver già visto tutto, diventa irrimediabilmente vecchio. Simeone, a dispetto degli anni, non perde la memoria. Lui conserva la memoria del futuro.
Nel suo caso, però, è il contenuto dell'attesa che dà un senso e determina la qualità della sua vita. Assume un significato nuovo l'invocazione:«Insegnaci a contare i nostri giorni / e acquisteremo un cuore saggio» (Sal 90, 12).
Si tratta di contare 'verso qualcosa che verrà', non 'da qualcosa già successo'. A mano a mano si avvicina la scadenza, anche se lui non se ne avvede, Simeone diventa sempre più giovane. Dobbiamo imparare a contare non ciò che abbiamo avuto, ma ciò che ci manca. Contare non quello che abbiamo conquistato, ma quello a cui non siamo ancora arrivati.
E poi c'è Anna, «molto avanzata in età». La sua figura emerge, riposante come un sorriso, come un raggio di sole che squarcia le nubi. Sopraggiunge «in quel momento», giusto in tempo per aprirsi alla meraviglia, per magnificare. Parla, senza essere una chiacchierona.
Non mugugni, ma la lode. Non rimpianti, ma la meraviglia. E anche racconta: «Parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme». Anna si fa portatrice della notizia tanto attesa. È una evangelista, portatrice della lieta novella.
Letture:
Malachia 3,1-4
Salmo 23
Ebrei 2,14-18
Luca 2,22-40
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