C'è una vigna, che non è altri che Gesù, e un vignaiolo, che è il Padre. Sono questi i protagonisti del Vangelo di oggi. E noi? noi non siamo né la vigna né tanto meno il vignaiolo. Noi siamo dei semplici tralci. Siamo una parte di Gesù, condividiamo con Lui la stessa linfa, lo stesso soffio vitale, ma solo finché siamo innestati sul suo tronco.
"Chi pota bene, vendemmia meglio" recitava un detto dei nostri nonni. Un albero, se non lo poti, muore. Se lo poti rinnova la sua forza e darà un raccolto più abbondante. È la logica della vita così come ce l'ha descritta il vangelo: "Chi ama la propria vita la perde e chi perde la propria vita per il vangelo la ritrova" (cfr. Gv 12, 23-25).
Potare è un'arte difficile e lenta. Ma è soprattutto un gesto di premura, di cura, di amore. È togliere il superfluo perché l'essenziale possa sviluppare tutto il suo potenziale.
«Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto»
Chi compie queste azioni è il Padre. È un Dio innamorato, che contempla la sua vigna e ne vede tutte le possibilità, anche le più nascoste e segrete. E proprio perché queste potenzialità fioriscano in tutto il loro splendore usa tutto il suo amore in due azioni: tagliare e potare.
"Tagliare". Prendere gli errori, le brutture della nostra vita e gettarle via. Dimenticarsele. Il male verrà bruciato.
"Potare". È come lo scultore che toglie alla pietra tutto ciò che non è scultura, come l'orafo che fa emergere da un pezzo di metallo un gioiello. Il Padre pota per ingigantire.
Ma oltre alla potatura, per portare frutto è necessario un altro verbo: "rimanere"
Rimanere non è stare fermi, inattivi. Non si tratta di rimanere in un posto, ma in una relazione, in una comunione d'amore nella quale capiamo che la stessa vita che percorre la vite percorre anche i tralci, la stessa vita di Gesù percorre la nostra vita. Rimanere significa anche ricevere le attenzioni, lasciarsi curare, custodire, potare dal vignaiolo, cioè Dio Padre.
Ma rimanere è anche non stare da soli. Abbiamo bisogno di Dio. Anche Gesù, da solo, non può far nulla! Lui è rimasto fedele a questa affermazione, anche quando dalla croce ha sentito quell'invito: "Salva te stesso!" non l'ha fatto, è rimasto sulla croce. Quello che in questo brano di Vangelo Gesù ci chiede, cioè di rimanere, lui l'ha vissuto fino alla fine. La nostra comunione con Dio è proprio in questo verbo: rimanere!
(At 9,26-31; Sal 21; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8)
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