29 ottobre 2020

Dio ci vuole felici - 1/11/2020 - Solennità di TUTTI I SANTI

Le letture di oggi ci presentano una moltitudine di esseri umani. Veramente la santità riguarda tutti. La "vocazione universale alla santità" dice il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 39-42). Dio non esclude nessuno, neanche l'uomo più dimenticato, neanche la persona più peccatrice. Neanche chi non ha mai sentito parlare di Gesù il Cristo, morto e risorto. Tutti siamo chiamati ad entrare nell'esperienza dell'Amore di Dio. Dio è di tutti. Dio è per tutti. Lui vorrebbe che tutti partecipassero alla sua gioia.

La santità non è una cosa che riguarda preti, frati e, se va bene, qualche suora. No! Riguarda tutti. Riguarda l'operaio in cassa integrazione, il sindacalista che si batte per diritti sacrosanti, la madre che vive del lavoro e del tempo a casa, gli adolescenti ribelli e smarriti, i malati degli ospedali, i carcerati, gli uomini che hanno trovato casa sotto i ponti o nei portoni, gli immigrati sballottati tra un ufficio e l'altro delle nostre burocrazie. Se facciamo attenzione, nessuna delle caratteristiche dei beati, tranne l'ultima, ha a che fare con l'essere religiosi o anche solamente credenti. Perché la santità è per tutti gli uomini 'di buona volontà'. E lo è per il solo fatto di essere uomini, non per il loro status o la loro religione.

Perché la chiamata alla santità non è altro che la chiamata alla felicità. Essere santi vuol dire essere felici. In una vita santa non c'è spazio per la tristezza.
Ma attenzione: felicità non vuol dire darsi alla pazza gioia, ridere e scherzare sempre, oppure comportarsi da 'gaudente' attraverso una vita di solo divertimento. Credo che neppure la metà delle persone che passano la loro esistenza a divertirsi e a fare baldoria, possa dirsi realmente felice.
Non si deve confondere la felicità con la pazza gioia! Perché, nell'ottica del Vangelo, la ricerca della felicità coincide con la ricerca della santità. E la santità la ritroviamo in quella parolina ripetuta per ben nove volte nel Vangelo di oggi: 'Beati'.
Essere incamminati verso la santità significa essere felici; ed essere felici significa essere 'beati'.
Che è l'esatto contrario di quello che pensa il mondo, e tante volte anche noi, cioè 'avere fortuna', una fortuna da suscitare invidia (della serie: 'Beato te!', 'beata lei!').
No: essere beati significa esserlo 'nonostante tutto', o, meglio, 'grazie a qualcosa'.
- Possiamo essere beati grazie alla nostra ricerca dell'essenzialità, che ci fa essere poveri nello spirito;
- possiamo essere beati grazie alla nostra mitezza, che ci fa spegnere ogni tentativo di inutile polemica;
- possiamo essere beati grazie ai nostri comportamenti misericordiosi, che ci renderanno amati da tutti;
- possiamo essere beati grazie alla nostra purezza di cuore, alla nostra semplicità quasi ingenua, che ci fa impazzire di gioia stando insieme ai bambini e sapendo giocare con loro e come loro anche se siamo adulti;
- possiamo essere beati grazie alla nostra opera di pacificazione e di ricerca della pace sempre, sopra tutto e nonostante tutto.

Nonostante tutto, infatti, si può comunque essere beati, santi, se si ha la serenità nel cuore:
- nonostante ci si trovi nella sofferenza per la malattia o nel pianto per la morte di una persona cara;
- nonostante ci si senta perseguitati dalle ingiustizie, a livello personale o sociale;
- nonostante desideriamo giustizia per noi e per i nostri cari e non la otteniamo;
- nonostante ci sentiamo minacciati, oppressi, condizionati, controllati, perseguiti, vessati, oggetto di ossessioni, privati della nostra libertà.
Perché la ricerca della beatitudine, la felicità, passa attraverso la lotta contro ogni forma di oppressione, di ingiustizia, di negazione della libertà o della dignità umana.
Non possiamo essere incamminati verso la santità, se non siamo felici; non possiamo sentirci veri cristiani se non abbiamo la felicità nel cuore; e se non l'abbiamo, Dio oggi vuole da noi che facciamo di tutto, ma veramente di tutto, per essere felici.
Perché lui ci vuole così: non ci vuole martiri e sofferenti, ci vuole santi.
Cioè felici.


(Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12)


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